Se mi chiedessero di descrivere la Heidi, utilizzerei tre parole: esposta, verticale, sostenuta.
Con Nicola era da tempo che si diceva di andare in Pale e un suo progetto era la Fessura Buhl a Cima Canali, tuttavia cercando relazioni, mi innamoro di una linea che passa giusto a fianco: quella della Heidi!
Riporto qui le parole che ho scritto " a caldo" su Facebook:
<< Sono le prime ore del mattino e stiamo scendendo dal rifugio Pradidali, dopo una notte passata sulle panche della sala ristorante. Negli occhi ancora le ultime luci di un sole che scompare all’orizzonte, nel cuore per sempre impresso il ricordo del mare infinito di placche grigie di Cima Canali.
Nicola mi domanda cosa possa spingere certi alpinisti ad aprire una via su pareti del genere, ne discutiamo un po’, alzando spesso lo sguardo verso l’imponente Sass Maor che ci scruta dall’alto. Poi un soffio di vento disperde parole e pensieri chissà dove…
Nel 1978 Diego della Rosa e Marco Simoni hanno avuto il coraggio di superare la parete Ovest di Cima Canali dove i denominatori comuni sono l’esposizione e la verticalità: l’hanno chiamata Heidi, non ne conosco il motivo, sempre che ci sia.
Questa via è un capolavoro dell’arrampicata libera, la gioia dell’infinita scoperta, il trionfo del continuo movimento che è “simile ma sempre diverso”. La salita è protetta da pochi chiodi ma svariate clessidre aiutano anche se spesso sono di dubbia tenuta. Immagino Diego in apertura nel ’78, come una formica rossa su quei rossi strapiombi.
Dopo una giornata appesi, l’obiettivo non era certo quello di bivaccare in parete ma ci siamo andati vicino quando le corde si sono incastrate due volte di fila sulla stessa doppia: non avevamo arrampicato abbastanza, bisognava farsi altri 50 metri alla volta per risalire a sbrogliare la corda!
Al buio, con la frontale scarica, è stato simpatico, anche se al momento non troppo, ma alla fine siamo riusciti a toccare la cengia d’attacco sulla quale si innesta la via del ritorno.
La luce bianca della luna piena rischiarava il sentiero e dopo un po' gli occhi si abituavano a vedere nella penombra.
Un vero miraggio l'agognato rifugio.
Giornata totale e gran bella avventura, con l’instancabile Nicola >>.
Alcune considerazioni "a freddo": questa via non fa sconti, tranne per il fatto che la linea è segnata con dei cordoni su clessidra, spesso più utili per intuire la direzione da seguire piuttosto che essere usati come protezione. Mediamente la proteggibilità è discreta ma vi sono lunghi tratti in alcuni tiri in cui difficilmente si riescono a piazzare protezioni veloci ed è pure arduo battere chiodi.
Facendo le doppie lungo la Fessura Buhl, la discesa è comoda ma essendo molte calate vi è il rischio di incastro della corda (a noi due volte di fila sulla stessa calata).