Ancora una volta al cospetto del Re
Si può dire quel che si vuole ma una rinuncia brucia sempre.
Mi ricordo perfettamente il momento in cui l’anno scorso fui costretto a farmi calare. Le pareti scaricavano di brutto e il passaggio chiave era intasato di neve inconsistente. Ricordo che giunto alla base i compagni mi dissero che era meglio levare le tende e con un grugnito li seguii, di umore nero. Solo in seguito realizzai che la scelta era stata senz’altro quella giusta.
E così quest’anno, dopo l’esperienza autunnale sull’Arnaldi/Menini con Francesco, torno di nuovo al cospetto del Re delle Dolomiti, questa volta con l’amico Nicola. Come sempre le incognite ci sono ma il salto iniziale pare sia statocopertodalle recenti slavine legate alle nevicate tardive e lo zero termico è bassino, almeno nella prima mattinata: rigelo assicurato!
Siamo costretti a partire a mezzanotte e mezza da quota 1200m ca. perché la macchina non ne vuole sapere di superare il ripido sterrato che porta al Rif. Scotter.
Camminiamo a passo cadenzato, lentissimi per conservare le energie, nella notte più cupa. Senza accorgercene siamo al Galassi, freschi come due rose. Breve sosta e poi fuori in direzione Ghiacciaio Inferiore. Qui la neve ci fa dannare alternando punti ben rigelati ad altri marci. Siamo dubbiosi ma proseguiamo.
Arriviamo senza problemi di orientamento al conoide d’attacco dove spegniamo le frontali, ci leghiamo e partiamo in conserva lunga. Appena entriamo fra le grandi pareti del Re, la neve di colpo muta e si fa marmorea: una goduria ad ogni passo. Ci teniamo al centro del canale dove si è formato un solco dovuto allo scorrimento del pulviscolo di neve.
Arrivo sotto al primo saltino, in una specie di antro, dove decido che è meglio legarsi così aspetto Nicola e poi parto. Corpo e testa girano bene, cosa fondamentale vista la ritirata dell’anno passato. Continuiamo in conserva fino al tiro chiave.
Un saluto all’amico e parto, piantando subito una vite. Il canale si fa incassato ed esaltante. Cerco la sosta intermedia ma non la trovo, forse sommersa dalla neve, così decido di spararmi tutto in un tiro, forse la scelta migliore.
Batto un chiodo e salgo qualche metro, friend provvidenziale e via a destra sul ghiaccio superficiale che in breve diventa perfetto “sorbetto”. Subito mi rendo conto che quest’anno la fortuna è stata dalla nostra: condizioni così sono rarissime da trovare! Senza neanche cercare mi giro a sinistra e trovo la fessurina vista da molti metri più in basso e ci caccio lo 0.3 che calza a pennello, mi sporgo oltre lo spigolino, le picche sono a prova di bomba e praticamente le traziono: sono fuori. Mollo un urlo seguito immediatamente da quello di Nicola.
E’ stata come una liberazione e percepisco subito un flusso infinito di energia scorrermi nelle vene: questa sì che è vita!!!
Recupero Nicola che si diverte un mondo e poi proseguiamo. Più su facciamo un altro facile tiro per superare una colatina di ghiaccio sui 70° e poi gran pedalata su terreno ripido fino all’uscita della via, giusto all’attacco del castelletto sommitale. Abbiamo i polpacci letteralmente a puttane ma non è finita, siamo ancora a 100m dalla cima.
Restiamo legati e superiamo con un tiro di corda il passo della corda fissa, intasato di neve, molto insidioso. Poi ci sleghiamo e in breve abbracciamo la croce di vetta. Siamo avvolti dalla nebbia e tira un bel vento freddo che non invoglia a fermarsi più di tanto però dobbiamo riposare almeno 10 minuti per recuperare le forze.
E’ la terza volta che tocco questa croce, ogni volta sono salito per vie diverse e l’Antelao è sempre stato benevolo, così per non farlo incazzare, dopo aver mangiato un po’ di zuccheri, decidiamo che è saggio scendere. Ci orientiamo nella nebbia e riusciamo ad arrivare ai lastroni superiori dove la visuale migliora a differenza della neve che, diventata marcia, si fa insidiosissima per via del fondo duro: pensavo di correre e invece tocca scendere di lato.
Una volta giunti ai lastroni inferiori, ci lasciamo scivolare giùe in breve perveniamo al famigerato Canalino Antelao, ottima scorciatoia di discesa, dove troviamo neve marcissima. Brivido nel vedere Nicola che parte ma per fortuna riesce a fermarsi piantando le piccozze. Traversiamo per accorgerci che sotto manca la materia prima ovvero le neve e i salti di roccia sono tutti scoperti! Praticamente pericoliamo di più disarrampicando in discesa piuttosto che in salita.
Con un sospiro di sollievo tocchiamo il nevaio sottostante. E’ finita.
Scendiamo a valle che il sole pomeridiano riscalda l’aria. Ad un certo punto mi fermo e mi giro a guardare l’Antelao: come al suo solito è incappucciato di nuvole. Lo osservo e lo ringrazio.
Poi giù, sempre a passo cadenzato proprio come siamo saliti…ma questa volta per la stanchezza!!!