Quando ho visto per la prima volta la Torre Venezia me ne sono letteralmente innamorato: si eleva ardita e fiera a sfidare il cielo, bellissima. Ultimo baluardo della catena che scende dalla cima del Civetta, alla destra orografica della Val dei Cantoni, è paragonabile ad un missile, un siluro che si profila fra le nebbie dolomitiche per salire a trovare la luce. Nell’Estate 2017 con l’amico Laza, ho passato due giorni in totale immersione nella montagna e nella natura, sui Piani di Pelsa, ai piedi della Torre Venezia, per salire la via Andrich-Faè e la Livanos, entrambe stupende! La linea della Andrich-Faè mi aveva folgorato per la sua logicità ed estetica: dopo una prima cengia che permette di portarsi in aperta parete, si sale un sistema di fessure entusiasmanti, si traversa destra in leggera discesa per portarsi sotto ad un diedro fessurato pazzesco che va scalato fino alle ghiaie sommitali. Siamo partiti dalla Capanna Trieste nel pomeriggio e arrivare al cospetto della Torre Venezia al tramonto, quando le ultime luci del giorno che se andavano la tingevano d’oro, è stato lo spettacolo. Emanava un’aura di pace e serenità, fissa, immobile, muta ma capace di regalare emozioni indescrivibili. E’ bello accamparsi sotto alla montagna che si vuole salire perché, passando più tempo al suo cospetto, si entra in maggiore sintonia questa e con l’ambiente che la circonda. E poi l’arrampicata sulle sue rocce è stata pazzesca, un vero godimento, un bellissimo viaggio e per questo la ringrazio. Ringrazio e ricordo anche il grande Andrich che a quanto pare, quasi digiuno d’arrampicata, seppe risolvere i problemi che la parete opponeva, salendo da primo, nello sgomento dei compagni più vecchi ed esperti che lo assicuravano: un vero fuoriclasse!